La tecnologia è buona o cattiva?

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La tecnologia esiste dai tempi della preistoria, ogni artefatto che ci aiuta a fare qualcosa può essere considerato “una tecnologia”, dai primi attrezzi degli uomini primitivi alle prime armi.

Chi possiede la tecnologia più innovativa  è notevolmente avvantaggiato, perciò: chi ha una spada batte facilmente chi è disarmato, chi ha un mitra avrà la meglio su chi ha una spada, chi possiede un carro armato sarà avvantaggiato verso quest’ultimo.
Così pochi Spagnoli armati di fucile hanno sconfitto i Nativi Americani armati di archi e freccie.

Tra due persone che devono risolvere un equazione quella che usa  una calcolatrice ha un vantaggio enorme rispetto a chi fa i calcoli a mano.

La tecnologia si è evoluta nella storia sempre più velocemente, ma non tutti sono preparati a stare al passo, o non accettano volentieri il cambiamento.
lo stesso Platone diceva che la scrittura ci avrebbe reso degli smemorati.

Ma la scrittura ci ha dato la possibilità di imparare dalle esperienze di chi ha vissuto prima di noi, attraverso i libri.

Oggi viviamo nell’era del  “boom tecnologico” e la tecnologia cresce a velocità supersonica, non fai in tempo ad acquistare l’ultimo modello di cellulare che è già vecchio.

La tecnologia cambia, ma non cambia la sostanza, due generazioni fa i genitori  dicevano ai figli che a forza di stare davanti alla TV diventavano ciechi e rimbambiti, questi ragazzini oggi sono gli stessi genitori che  dicono ai figli che a forza di stare davanti al cellulare diventano ciechi e rimbambiti.

Con il videogioco “Pokemon go” abbiamo assistito ad un altro cambiamento, l’ultima generazione che si era intanata in casa dopo la distribuzione di massa dei videogame, inizia a ad uscire dalle tane  e si riversa per le strade a cercare i pokemon, forse sara un occasione per riscoprire il mondo esterno e altre forme di vita?

Comunque c’è sempre chi vede solamente il lato negativo, guardando il cellulare per strada finiscono per provocare un incidente!
Ma succedeva anche 30 anni fa quando la maggior parte dei ragazzi voleva il motorino e per la strada questi rischiavano un incidente (la storia si ripete).

C’è addirittura chi dice che i social e i cellulari sono la nostra rovina e che andrebbero aboliti, e secondo te  come lo divulga? Sui social!
Usando un cellulare! Un genio!

Cambiano i mezzi ma non la sostanza.

Tutte le invenzioni possono essere utili o dannose dipende dall’uso che se ne fa.
Un coltello non e malvagio dipende da chi lo usa, posso usarlo per cucinare o per uccidere.

Bisogna stare al passo con la tecnologia saperla sfruttare al meglio per non restare indietro, ma usando prima di tutto il cervello.

Siamo noi che dobbiamo saper sfruttare la tecnologia al meglio ottenendo vantaggi da questa, ma non dobbiamo lasciare che lei  prenda il dominio su di noi rendendoci schiavi e rovinandoci la  vita.

Il mondo virtuale ha il suo fascino, può essere divertente, interessante, anche utile, tuttavia dobbiamo mantenere la consapevolezza di ciò che è reale e ciò che non lo è, e ricordarci che la fuori esiste un mondo vero e una vita meravigliosa che vale la pena di vivere.

Istruzioni per l’uso.

maslow

Immagina se noi esseri umani potessimo avere le istruzioni di uso come gli elettrodomestici.

Certo la vita sarebbe più semplice, conosceremmo i nostri difetti, il nostro funzionamento,  i guasti e i problemi  piu ricorrenti, potremmo conoscerci bene e sapremmo utilizzarci al meglio.

In verità, una parte di queste istruzioni di funzionamento sono state scritte da uno psicologo ricercatore, sto parlando di “Abraham Maslow”.

Maslow ha elaborato la teoria della “piramide dei bisogni”, una scala gerarchica di quei bisogni che ci spingono a muoverci,  ci danno una forte determinazione all’azione per poterli soddisfare.

Parlo di scala gerarchica perché se non abbiamo soddisfatto prima i bisogni di livello inferiore non sentiamo il bisogno di soddisfare quelli ai piani superiori.

Alla base della piramide troviamo i bisogni fisiologici, (che servono per sopravvivere) mangiare, bere, “andare in bagno”, respirare, dormire,  (anche il sesso, compreso il fai da te, può essere considerato un bisogno fisiologico).
Finché non verranno appagati non sentiremmo  il bisogno di passare al livello superiore.
Ad esempio se sto morendo di fame o mi sta esplodendo la vescica non desidererò una ferrari, almeno finché non avrò soddisfatto questi bisogni.

Al secondo scalino troviamo il bisogno di sicurezza.
Una casa, un tetto, la salute, non stare in mezzo al pericolo, un assistenza sanitaria (oggi può essere anche inteso come stabilità economica, un lavoro fisso o uno stipendio fisso).
In due parole: protezione e tranquillità.

Se vivo sotto ad un ponte, in una scatola di cartone, oppure in una zona di guerra, non sarò preoccupato per quanti like ha preso il mio selfie su instagram.

Nella nostra società occidentale raramente vengono a mancare i primi due bisogni perciò è molto più probabile che siamo portati a cercare di soddisfare gli altri.

Saliamo di un gradino più su nella scala  e troviamo i bisogni sociali: il senso di appartenenza ad un gruppo, il bisogno di essere accettati dagli altri, di ricevere amicizia ed affetto.

Al quarto gradino troviamo il bisogno di stima da parte degli altri e da noi stessi (autostima).

Molti si fermano al terzo o al quarto gradino, perche non riescono a superare questo ostacolo, ma chi ha già soddisfatto questi bisogni non si accontenta e prosegue.

All’ultimo livello ci sono i bisogni di autorealizzazione, soddisfare se stessi.
Il successo però è soggettivo e può essere visto come: occupare i posti più in alto della società, oppure come trovare la serenità, la pace interiore, accettazione, assenza di pregiudizi o la conoscenza di noi stessi.

Esistono comunque delle eccezioni a questo ordine, pioché noi esseri umani non siamo tutti uguali e capita a volte che profonde convinzioni o forti sentimenti possano far saltare alcune priorità della scala gerarchica.

Perciò ci sarà chi sacrifica la propria vita per la patria o per una convinzione radicata, chi per amore lascia ogni ricchezza, o decide di abbandonare ogni sicurezza e si avventura ad affrontare l’ignoto, chi sceglie di diventare eremita, di vivere nella meditazione e di abbandonare le cose materiali, e cosi via.

Come scoprire il bugiardo!

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Come svelare le bugie.

Charles Darwin aveva scoperto che le espressioni facciali sono universali e di origine biologica in ogni parte del mondo.
Dalle civiltà non ancora civilizzate (aborigeni), alle più tecnologiche (America Giappone), abbiamo tutti le stesse espressioni associate alle emozioni, quando sorridiamo siamo tristi, abbiamo paura, ecc.. (tipo emoji)

Lo scienziato e psicologo Paul Eckman (colui che ha contribuito a creare il film animazione “Inside out”e la serie tv “Lie to me”) ha continuato gli studi di Darwin sulle emozioni, sulle espressioni facciali e sulla comunicazione non verbale.

Eckman sostiene che tutti mentiamo circa 3 volte ogni 10 minuti di dialogo, di solito per motivi sociali, dissimulando (cioè nascondendo alcune informazioni), o falsificando (cioè dcendo cose non vere).

Quando mentiamo possiamo provare una di queste tre emozioni che un esperto può notare da brevi espressioni del viso:
paura di essere scoperto, senso di colpa per aver mentito, oppure soddisfazione per aver fregato l’interlocutore.

Ma anche qui non possiamo essere certi che menta, poiché potrebbe verificarsi uno di questi casi:
X è convinto di dire la verità anche quando dice una cosa non vera.
X è talmente allenato a mentire ed è così freddo che difficilmente si lascia scappare un emozione.
X è talmente emotivo ed insicuro che può traspirare queste emozioni anche quando dice la verità.

Noi persone comuni non possiamo permetterci di diventare scienziati come lui solo per capire quando ci mentono, sarebbe assurdo.

Tuttavia ci sono un paio di accorgimenti che (non sempre funzionano ma) possono aiutarci a capire quando ci stanno mentendo.

Il primo ce l’ha insegnato Arthur Schopenhauer:  “Lascia parlare interlocutore, fingiti interessato, prima o poi si tradirà con i dettagli.

Il secondo: fai diverse domande al tuo interlocutore di cui sai già la risposta, così potrai confrontare i segnali non verbali (i gesti, il  tono della voce, le pause, il volume, le espressioni facciali, la postura ecc..), nota le differenze tra quando mente e quando dice la verità (ovviamente ogni persona ha un suo comportamento soggettivo quando mente).
Quindi possiamo fare la domanda che ci interessa e confrontare a che gruppo appartiene la risposta non verbale.

Hai paura di sbagliare?

sbagliare

Hai paura di sbagliare?

Se non fai niente non sbagli mai!

Ma anche restare fermi a lamentarsi senza fare niente per paura di sbagliare non è sbagliato?

Come fai a sapere cosa è sbagliato se non hai mai fatto errori?

Se fai qualcosa, inevitabilmente prima o poi farai anche degli errori.

Osserva un bambino quando impara a camminare, quante volte cade e si rialza, barcolla, ricade, ma non si arrende e prima o poi inizierà a camminare.

Sapete come mai non si arrende? Perche non gli hanno ancora insegnato ad aver paura di sbagliare, di fare brutte figure e di vergognarsi, altrimenti non imparerebbe mai a camminare.

È fondamentale imparare prima a stare in piedi, poi a camminare , a correre, a alla fine anche a volare.
Ma per farlo è necessario cadere proprio perché è dagli errori che s’impara.

L’incertezza nel futuro ci spaventa, il fallimento blocca le nostre azioni, così diamo la colpa alle avversità o agli altri quando qualcosa va storto.

Cerchiamo sempre la strada più facile o la più conosciuta oppure aspettiamo che cadano le soluzioni dei nostri problemi dal cielo.

Ma per imparare è fondamentale fare, sperimentare mettersi in gioco sporcarsi le mani.

Thomas Edison disse: “Io non ho fallito 2000 volte per inventare la lampadina; ho semplicemente  trovato 1999 modi su come non si fa una lampadina!”

Il fallimento è una preziosa risorsa di informazioni per il nostro apprendimento!
Se fai solo ciò che sai già fare per evitare gli errori non crescerai mai, è solo uscendo dalla tua zona di confort che puoi imparare e scoprire cose nuove.

Prenditi le tue responsabilità e sii consapevole, se fai solo quello che ti dettano gli altri non impari, perche non hai la possibilità di pensare e ragionare, per risolvere i tuoi problemi e assimilare nuove conoscenze e competenze.

La persona ignorante è quella che crede di sapere già tutto!

Apriti ed osserva il mondo da più punti di vista possibili e impara a conoscere te stesso!

Cosa è la maieutica?

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“Cosa è la maieutica?”
Socrate aveva l’abitudine di insegnare attraverso aneddoti, paradossi e domande, che costringevano l’interlocutore a ragionare e a rendersi conto delle sue contraddizioni.

Non insegnava la verità ma la faceva trovare al suo alunno.

Socrate era piuttosto ironico, fingeva di non capire nulla riguardo un certo argomento,  poi  improvvisamente con aria ingenua, usava delle domande pungenti  ma sensate che mettevano in difficoltà l’interlocutore per farlo ragionare, così da farlo accorgere dei suoi errori.
Quest’arte venne chiamata maieutica, consisteva nel confutare ogni ragionamento o convinzione, facendo continue domande, metteva in difficoltà l’interlocutore sino a farlo arrivare alla verità o ad una conclusione valida, scoprendo cosi spesso che questi  sapevano poco o niente su quell’argomento particolare.

Socrate sosteneva che la gente sbagliasse o compiesse azioni malvagie involontariamente (per ignoranza), credendo di essere nel giusto: “chi fa del male perde il controllo delle proprie azioni, ha smesso di essere veramente umano perché non usa la ragione e non agisce moralmente bene”.

I sofisti ricorrevano ai giochi per  insegnare ai giovani aristocratici la retorica, per esempio facevano il gioco della difesa del Tribunale, uno doveva sostenere una tesi e l’altro doveva screditarla a favore della sua tetimonianza contraria.
Innsegnavano come far emozionare e convincere la giuria come vincere con ogni mezzo o menzogna.

Socrate invece era un sostenitore della verità e della giustizia, insegnava a tutti i giovani a difendersi dalla retorica, contestando e ribattendo ogni affermazione con delle semplici domande (maieutica).

A cosa serve la scuola?

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A cosa serve la scuola?

Ho scritto questo articolo per chiarire la mia posizione, siccome qualcuno può pensare  che io sia contro la scuola.
Questo non è assolutamente vero, anzi  io sono a favore della cultura e  dell’istruzione.

Quello che mi spaventa è come e cosa viene insegnato a scuola.

La scuola è necessaria  per combattere l’analfabetismo, ma come tutte le invenzioni migliori nate per uno scopo nobile vengono usate anche a scopo di lucro o per  convenienza.
Cercherò di spiegarmi con un esempio.

Tutti ricordiamo un personaggio del passato che si è impegnato a costruire scuole in tutta la sua nazione per garantire a tutti suoi cittadini una cultura esemplare, poiché affermava continuamente  che l’istruzione era troppo importante e doveva stare al primo posto.
Sto parlando di “Hadolf Hitler”.

Nel Terzo Reich, dalle elementari fino all’università veniva  insegnato ai ragazzi l’amore per la patria e per il razzismo, gli studenti venivano convinti che gli Ebrei fossero la causa di tutti i mali e che era necessario “purificare” il popolo tedesco, sopprimendo le razze “inferiori” indegne di vivere.
Le materie insegnate erano strumenti di propaganda nazista.

La scuola “dovrebbe” istruire, educare i futuri cittadini a coinvivere in una società coordinata, insegnare ad apprezzare la cultura, la conoscenza, perché imparino a capire, ad analizzare, ad  informarsi e a pensare con la propria testa.
Dovrebbe farci conoscere delle altre persone con idee differenti per confrontarle con le nostre, per metterci in discussione, porter crescere e maturare.
Imparare deve essere una cosa piacevole che soddisfa le nostre curiosità.

Eppure basta guardarci in giro e osservare il mondo, continuiamo a vedere gente fare cose insensate, credere in teorie infondate, prendere decisioni sbagliate, ci basta vedere i risultati per capire che questo sistema non funziona.

A scuola si insegnano tantissime cose inutili a livello pratico, soprattutto per affrontare il mondo  del lavoro, ed inoltre lo studio forzato di queste cose fa solamente passare la voglia di imparare agli studenti.

Ne ho già parlato specificamente nei miei primi articoli, i programmi scolastici servono a programmare lo studente, trasformare un’ anima libera in un cittadino addomesticato, i programmi vengono imposti e vanno eseguiti senza discussioni, sia dagli studenti che dai docenti, viene premiato chi è sottomesso e collaborativo, chi obbedisce, è servile e disciplinato, in cambio di una lode e un diploma.

In questo modo non siamo liberi di pensare autonomamente, di decidere con la propria testa e di saper scegliere.

La scuola è un luogo che serve a forgiare un esercito di soldati pronti al sacrificio, come in un alveare dove le api sono sacrificabili per il bene della comunità;  trasmette l’idea che imparare cose nuove sia difficile, noioso, faticoso e che l’unico scopo sia quello di prendere un bel voto e non quello di imparare.

Si cresce con la paura di essere giudicati e di non essere all’altezza.
Con la paura degli esami, delle critiche, dei brutti voti, delle brutte figure e con la continua competizione ed il confronto con gli altri.
Tutto questo uccide la curiosità ed il desiderio di imparare cose nuove.

Sono sempre più pochi i veri  insegnanti che lottano contro questo sistema, che riescono a guadagnare la fiducia e la confidenza dei loro alunni.

I ragazzi vorrebbero poter dialogare liberamente senza vincoli, paure o vergogna, di qualunque cosa, chiedere consigli ai professori su come affrontare una situazione difficile.

Non trovate curioso che popoli come i nativi americani e gli aborigeni che hanno culture orali ma non scuole  abbiano molto da insegnare sulla vita e sul rispetto verso la natura ai nostri superlaureati occidentali?

Voglio concludere con una frase che mi disse un grande maestro di arti marziali “Burton Richardson”:
“Vivere è apprendere, ognuno di noi durante la sua vita immagazzina un bagaglio di esperienza in qualche campo, da chiunque abbiamo qualcosa da imparare, giovani o anziani di ogni sesso, popolo o cultura.

Ho imparato molte più cose incontrando per pochi giorni delle  persone speciali come lui che in tutti gli anni in cui ho frequentato le scuole d’obbligo.

Cosa significa: “So di non sapere?”

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“So di non sapere”

Nessun uomo potrà mai arrivare a scoprire il senso di tutte le cose.

“So di non sapere”.
Sono consapevole che nonostante continuero ad allargare i miei orizzonti, ad acculturarmi e ad accumulare conoscenze, non potrò mai comprendere completamente il mondo, perchè non rientra nelle mie facoltà, inoltre anche tra le mie conoscenze non posso sapere nulla con certezza assoluta.

Questo è un paradosso ma anche una grande verità, perche se so di non sapere significa che qualcosa la so, percio non posso dire di non sapere.
Posso non sapere nulla sul calcio ma conoscere la geografia, e per quanto possa sapere su quest’ultima continuando a studiarla scoprirò sempre cose nuove.

È un continuo interrogarsi ma anche  un’espressione di umiltà.
Chi riconosce la sua ignoranza può dire di essere saggio perché è capace di cambiare le proprie convinzioni e rimettersi ogni volta in gioco.

Hai la sindrome del bravo ragazzo?

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Hai la sindrome del bravo ragazzo?
O dell’amicone.

Sintomi:
Sei carino, gentile e rispetti tutti, non sai dire di no, hai un forte senso di vergogna che porta a nascondere la tua personalità.

Pensi di non essere abbastanza bravo da meritare una vita migliore, soffri di ansia,  cerchi delle scuse per evitare i problemi, ti riempi di distrazioni, non esprimi le tue reali opinioni e menti per paura di non avere l’approvazione delle altre persone, ma proprio grazie a questo comportamento loro perdono fiducia e interesse in te e ti reputano una persona non coraggiosa e nemmeno coerente con se stessa.
Questo ti impedisce di avere una normale relazione con gli altri.

Con le ragazze:
La ragazza che ti piace diventa l’unica priorità, pensi che se la farai felice o se la farai ridere allora uscirà con te, aspetti che lei faccia la prima mossa, le lasci prendere decisioni, ascolti i suoi problemi, diventi il suo amico, eviti di guardarla a lungo negli occhi e non ci provi per non esporti (se lo fai ti ritiri e fingi di scherzare), nascondi i tuoi interessi sessuali pensando di darle rispetto.
Pensi di non essere soddisfatto della tua vita sentimentale.
Continui a pensare a cosa dire e cosa fare ma poi non fai niente di concreto, non fai follie o addirittura hai paura di affrontare una conversazione profonda.
La ascolti lamentarsi dei suoi ex stronzi e giuri a  te stesso di  essere diverso.
Nascondi i tuoi sentimenti per paura di essere rifiutato, la chiami spesso per farle sapere che stai pensando a lei, ti arrabbi se lei ti rifiuta e non capisci perche non esce con te.
Ma tra tutti questi errori, il peggiore è quello di farle dei regali per cercare approvazione, credere che i regali siano una merce di scambio per avere le sue attenzioni e per farsi piacere.
Questa tattica non solo non ti aiuterà a conquistare una ragazza ma la farà sentire in imbarazzo, obbligandola a dover ricambiare, e questo la metterà a disagio.

I regali e i  gesti super-galanti per ottenere approvazione sono una forma di insicurezza e alle donne non piacciono le persone insicure e infantili.

Amare  è “dare e ricevere” non solo dare, perciò impara a chiedere.

Il miglior regalo che puoi fare a una ragazza sei tu stesso: i regali vanno fatti per il piacere di donare senza aspettarsi nulla in cambio.

Vuoi smettere di fare il bravo ragazzo? Le medicine da prendere sono sempre le sesse.

Ora ti scrivo la ricetta:

Conosci te stesso.
Motivazione.
Voglia di cambiare.
Conoscenza.
Autostima.
Consapevolezza.
Meditazione.

Ho già scritto alcuni articoli su questi argomenti, puoi cercarli nella page sotto ai fumetti, o sul mio sito, oppure su facebook sotto: “scuola semplice e divertente”.

Conosci te stesso!

conosciti

 

“Conosci te stesso”
È una citazione antica iscritta nel tempio di Apollo a Delfi.

Significa: conosci i tuoi punti di forza, i tuoi valori, i tuoi vizi e le tue virtù, la tua personalità.
Scopri la tua unicità che ti contraddistingue dagli altri, i tuoi punti deboli e le tue imperfezioni (non quelle fisiche).
Sii consapevole di come sei in realtà, non come immagini di essere, scopri ciò che della tua personalità va custodito e cosa invece si può cambiare.

Conoscere se stessi non è un altro modo per criticarsi e distruggere la propria autostima, ma anzi serve a saper gestire le situazioni emotivamente complicate, sapere in cosa possiamo migliorarci, come possiamo sfruttare i nostri punti di forza e come affrontare le nostre contraddizioni.

“Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura” (Sun Tzu).

Non dare retta alle frasi negative.

ranocchio sordo

La storia del ranocchio­

C’era una volta in uno stagno una città di ranocchi.
Qui ogni anno organizzavano una gara fra ranocchi i­l cui obiettivo era quello di arrivare i­n cima a una gran torre.

Richiamati dallo spettacolo, si ­radunarono molti  ranocchi per vede­re e fare il tifo.

Cominciò la gara, ma, la maggi­or parte dei ranocchi non credeva possib­ile che i partecipanti potessero raggiun­gere la cima e molti di loro urlavano fr­asi come:

“Ma che pena… Non ce la farai mai!” ­

“È inutile che ti sforzi, è troppo alto ­e difficile!”

Così alcuni ranocchi, sentendo queste urla, cominciarono a desistere, sfiducia­ti, tranne uno, che continuava a cercare­ di raggiungere la cima.

Ma la folla continuava: ­

“Non ce la farai mai!”­ ­

Sempre più ranocchi si arresero tranne il solito ranocchio, testardo, c­he continuava ad insistere.

Alla fine, tutti desistettero tranne que­l ranocchio che, solo e con grande sforz­o, raggiunse alla fine la cima.

Sbalorditi e un po’ invidiosi gli altri ­ranocchi si avvicinarono al vincitore pe­r chiedergli come avesse fatto a conclud­ere quella difficile prova.

Non ottennero risposta: il ranocchio vin­citore… era sordo!

La morale è quel­la di non ascoltare la frasi delle persone negative, di essere sempre sordo ­quando qualcuno ti critica o dice che no­n puoi realizzare i tuoi sogni.
La fila ­di chi critica e di chi consiglia (male)­ è sempre piena, mentre quelli che si da­nno da fare sono sempre pochi.